Questo ritratto è stato pubblicato in francese nel libro Next (F9), 66 autres portraits oniriques di Patrick Lowie, edito da P.A.T. (Belgio)
Daniela Terrile
Il ritratto onirico di Daniela Terrile
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“Patrick Lowie”, mi dice lei, “abbiamo parlato di viaggi fin troppo”. Lei è Daniela Terrile, lei che non dimentica di essere nata a Genova, in Italia, ora che si parla solo di lei, delle sue belle visioni, del suo modo di allenare gli studenti, di come li incoraggia, bella e convincente. Giunti in fondo alla strada, su cui andavamo senza una meta, ci troviamo di fronte a una casa di un solo piano. Una casa vuota e per nulla rassicurante, dalle finestre molto ampie, una casa a forma di chiesa. Entriamo e lei mi dice: “Patrick, chiuda gli occhi! Partiamo per un ultimo viaggio!” Chiudo gli occhi e quando li riapro su sua richiesta, la vedo nel mezzo della stanza, sospesa in piedi al di sopra del pavimento, in levitazione, alla sua destra un bambino, sbucato dal nulla, un bellissimo bambino, con i capelli rossi e ricci, e le gambe appese al soffitto, a testa in giù, avrà già sei anni? Nessuno dei due dice niente, leggo lo stupore sul volto della donna, il bambino non era previsto nel suo viaggio enigmatico. Deve chiedersi come abbia fatto ad arrivare fin lì e come fare per staccarlo dal soffitto. Forse si sta chiedendo se quel ragazzo non sia suo figlio. La vedo che se ne va, poi torna con una scala per riportarlo giù. “Mi perdoni, Daniela, ma questo è l'ultimo viaggio che mi sta proponendo? Speravo almeno che saremmo andati nella sua città natale, a mangiare i famosi pansoti con la salsa di noci”! Dopo un'allegra risata, mi chiede di afferrare la mano del bambino e chiudere di nuovo gli occhi. Quando li riapro, ci troviamo in un luogo che non conoscevo. Mi dice: “eccoci arrivati al Museo d'Arte Contemporanea di Teheran... sediamoci qui fuori”. Dopo un attimo, il bambino silenzioso ci prende per mano, dicendoci: “venite, andiamo a visitare questa città che amo tanto”. Noi tre percorriamo chilometri, attraversando il ponte Tabiat, vagando per le strade di questa città moderna, bevendo tè nella libreria del Nazdik Café, oltrepassando la Torre Azadi, e arrivando infine a Teatr-e Shahr, esausti ma felici. Il ragazzo con i capelli rossi mi dice: “Allora, Patrick, è più bella Mapuetos?” Non sapendo cosa rispondere, comincio a sognare e a cercare le stelle in un cielo meno nuvoloso di quanto sembri. Lei dice: “Io resto qui!”.
Traduzione : Irene Seghetti






