Arrivata a Bologna, Lei
si dirige verso Piazza Maggiore sotto i colori del crepuscolo e s’imbatte per caso nella proiezione all’aria aperta di un film che comincia. Non crede ai suoi occhi. È 8 1/2
di Fellini. Prende il telefono e mi manda una foto della piazza scrivendomi: La saluta Marcello!
Difficile orientarsi in questo puzzle raffigurante La costruzione della torre di Babele
di Bruegel il Vecchio. Se manca un solo pezzo sui cinquemila, sono capace di buttare all’aria tutto il lavoro compiuto.
Lei, che è nientemeno che Lucia Picaro, celebre creatrice di maschere teatrali, nata in Belgio e da sempre affascinata dai retroscena, in cerca di storie che non hanno fine, si intrufola nella folla, poi dietro lo schermo. Ombre della pellicola vengono proiettate sulle sue mani. Mi avvicino, travestito da Dottor Balanzone, passo davanti a un’orchestra diretta da Nino Rota e le dico: Signora, mi presento, sono il Dottore! Le ombre sulle mani, faccia attenzione! Sono letali! Conosco molte cose! La filosofia! L’astrologia! La medicina! E interpreto anche i sogni!
Ero vestito di nero e gonfiavo la pancia in modo da renderla enorme. Mi osserva e mi dice: aldilà della sua maschera e della camminata, mi sembra di riconoscerla.
E le rispondo: Certo! Certo! Sono Balanzone mi chiamano anche Graziano qui. Mi faccia vedere le mani... guardi, le ombre del film sono già tatuate sul suo polso.
Con la saliva, cancello le immagini sulla sua pelle. Poi mormoro: Non dica niente Signora, ci stanno osservando. Sono Patrick Lowie, non so se si ricorda di me, negli anni ‘80 le ho fatto visitare Cinecittà e abbiamo anche incontrato il maestro Fellini.
Lucia Picaro scoppia in una risata incontenibile. Due bambini che ci stavano guardando la imitano. Bisbiglia: Sì, ricordo benissimo, lei era il mio sole, ora produco maschere, peraltro mi sembra che lei porti una delle mie. I miei sogni sono molto personali in questo momento, e sento che mi riparano e mi guariscono. Sogno di lasciarmi andare, di partenze, di volti pallidi e di fughe...
In lontananza si sentono i fischi della folla e delle donne che urlano: Al ladro! Si merita il peggiore dei supplizi!
Due carabinieri rincorrono un ladruncolo di immagini che inciampa in una corda. Gli spettatori si alzano e improvvisano una farandola che si trasforma ben presto in una danza sacra di Gurdjeff. Spinto dai danzatori cado nel vuoto rischiando così di diventare un uomo da capestro. Il vento mi trascina via. Gonfio, atrofizzato, con la fune legata al piede destro, volando nell’aria, trattenuto da una realtà che mi era perfettamente estranea, sento una voce che mi dice: giù, definitivamente.
Traduzione : Irene Seghetti